MANCHESTER UNITED – La caduta dell’impero dei diavoli rossi

0
646
old trafford manchester united2
Creative Commons License
This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic License.
CC – Alex Jilitsky

LO SPUNTO – L’estremo oriente è, si sa, un’inesauribile fonte di leggende e tradizioni, un teatro di grandi imperi nati, sviluppatisi, fioriti e poi decaduti a causa del tempo che passa.
La grandezza dei grandi generali e dei grandi leaders non sta nelle terre conquistate ma nel porre le basi per un dominio duraturo della propria dinastia.
Questo non solo in oriente ma anche in occidente Ed è proprio di grandi leaders, di grandi managers che si nutre la leggenda del calcio inglese.

IL PUNTO – E venendo al punto è naturale prendere il caso del Manchester United.
I tifosi dei Red Devils che hanno già oltrepassato la soglia dei 60 anni stanno forse vivendo un dejavu, un sentimento, un’emozione già provata in passato.
La loro squadra, prima dell’avvento di sir Alex, aveva già assistito ad un’epopea di vittorie, di grandi giocatori, di esaltazione, seguita poi da anni bui e tortuosi.
In quegli anni poi, oltre al danno, ci fu anche la beffa di vedere squadre tradizionalmente arci-rivali come il Nottingham ed il Liverpool ottenere grandi successi non solo in campionato ma anche in Europa.

BUSBY – La dinastia dei Busby babes non è mai stata dimenticata ad Old Trafford: ci volle tempo per raggiungere la vetta, servirono tanta fatica, tanto sforzo e tanta pazienza per vincere i titoli nazionali e la coppa campioni alla fine degli anni ’60, servirono un florilegio di fuoriclasse come Bobby Charlton, Dennis Law, George Best, poi però la discesa fu rapida, impetuosa e dolorosa e già nei primi anni ’70 si potevano cogliere i maniera evidente i segni dello sgretolamento di questa squadra.
Busby infatti, una volta smesso di allenare, non lasciò definitivamente la squadra, ma proprio, o quasi, come sta facendo Ferguson ora, rimase in seno all’organizzazione, seppur con funzioni più da scrivania che non di campo ma la sua presenza ingombrante è stata più un nocumento che non una forma di protezione.
I giocatori più importanti furono tutti in qualche modo frenati: chi dall’età, chi dall’infortuni e chi dagli stravizi Ed i rossi di Manchester hanno dovuto attendere proprio sir Alex per festeggiare il titolo di campioni di Inghilterra dopo l’ultimo titolo nel 1967.

FERGUSON – Con sir Alex la storia in qualche modo si ripetè: i primi anni furono faticosi, la squadra  ancora non ingranava e doveva osservare il Liverpool cogliere successi a ripetizione.
L’inizio del ciclo vincente fu con la FA Cup del 1990, da cui scaturì l’anno successivo la Coppa delle Coppe e la Supercoppa Europea.
A seguire fu la Coppa di lega inglese nell’annata 1991-92 e l’anno seguente finalmente il primo titolo nazionale.
Da quel momento i diavoli rossi non si fermarono più: nei successivi 20 anni per 13 volte il Manchester si laureò campione nazionale mentre il Liverpool,  che è ancora fermo al titolo del 1990, è stato raggiunto, superato e distaccato negli ultimi anni.
La Champions League arrivò a fine anni ’90 a seguito di una finale leggendaria contro il Bayern Monaco, e da lì a pochi mesi anche l’alloro mondiale contro il Palmeiras.
Lo United è l’unica squadra del Regno Unito ad essersi laureata campione del mondo (2 volte).
Sir Alex, come tutti i grandi generali, ha sempre trovato il modo di passare in modo indolore da una generazione all’altra: avendo Giggs e Scholes come colonne portanti si passò da Scmeichel, Irwin e Cantona a Beckham, Butt e Neville, continuando con Ferdinand, Cristiano Ronaldo, e Tevez fino a De Gea, Van Persie e Rooney. I cicli passano, le vittorie si accumulano ma è rimasto il prestigio, l’autorevolezza, o vedendola dal lato degli avversari, il fear factor, la soggezione.

I GIORNI NOSTRI – Ora che tutto questo è finito, ora che la giostra si è fermata, che l’ammiraglio ha deposto la sua uniforme piena di stellette ed allori, tocca al nuovo comandante far rivivere i fasti andati.
Molto è cambiato rispetto al 1986 quando Ferguson si insediò sulla panchina ad Old Trafford.
Le geografie del potere calcistico si sono modificate e, fortunatamente per Moyes, i Red Devils nei decenni prima del suo arrivo non sono stati con le mani in mano ma hanno espanso la loro leggenda fino in estremo oriente dove i monaci buddhisti che pregano nei monasteri sui promontori thailandesi anche se non sanno chi è il presidente degli Stati Uniti d’America hanno ben presente il goal decisivo segnato da Rooney in rovesciata contro i rivali del Manchester City.

I PROBLEMI DI OGGI – Tanti e di svariato ordine: potremmo iniziare con il dire che l’età avanzata di molti uomini   chiave (Ferdinand, Vidic, Evra, Giggs) comincia a farsi sentire tremendamente.
Non da trascurare il fatto che alcuni giovani (De Gea, Smalling, Evans, Welbeck) su cui la dirigenza ha puntato stentano a confermarsi prospetti affidabili e degni successori di chi li ha preceduti.
Altri giocatori (Van Persie e Fletcher) sono stati e sono alle prese con infortuni anche gravi e non possono dar un contributo sul campo.
Altri giocatori ancora hanno semplicemente deluso le attese (Anderson in primis ed in modo palese ma potremmo dire anche Hernandez che dopo un buon primo anno si è eclissato e non ha fatto lo step up decisivo, anzi ha subìto una involuzione).
E da ultimo l’allenatore che non sembra ancora riuscito a risolvere il rebus dei risultati della squadra.

LE POCHE LUCI – Fuori dal campo viene da dire l’immenso gettito di denaro da cui verrà travolto lo United negli anni che verranno: tralasciando il botteghino e le magliette vendute (e quindi una gran bella parte di entrate, considerando che i rossi di Manchester sono senza dubbio la squadra più conosciuta e tifata al mondo) e parlando solo degli sponsor si potrebbe dire che con quei soldi si chiuderebbe il bilancio di una squadra di livello medio alto della serie A.
Sul campo diciamo che Jones è un giovane difensore duttile e dal grande fisico, ormai è una sicurezza, Rooney resta un gagliardissimo condottiero di cui è impossibile non innamorarsi calcisticamente: corre, lotta, segna. Insomma canta e porta la croce.
Januzay è una gemma, un vero talento su cui puntare per il futuro ad occhi chiusi.

PROSPETTIVE – I problemi ci sono, anche nelle migliori realtà come quella dei Red Devils ma tradizione, risorse ed appeal restano immutati per la squadra del mondo.
Serve resistere e rimboccarsi le maniche ed il futuro tornerà di nuovo ad esser radioso.

Edoardo Orlandi
@EdoardoO83

Edoardo83
Latest posts by Edoardo83 (see all)