FOCUS – Il ritorno in Premier del Burnley oscurato dal Leicester. Ma chissà che…

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Lunedì 2 maggio in Inghilterra, e direi in tutto il mondo, non si è parlato di altro se non della vittoria della Premier League del Leicester, dopo il pareggio del Tottenham per 2-2 a Stamford Bridge contro il Chelsea. Legittimo, vista la grande sorpresa che ha portato il titolo delle Foxes. Nessuno tuttavia ha parlato della promozione in Premier, dopo un solo anno di Championship, del Burnley. Nel momento in cui Chelsea e Tottenham scendevano in campo per il riscaldamento, i Clarets battevano 1-0 il Qpr a Turf Moor e raggiungevano matematicamente la promozione, dopo una stagione passata a combattere punto a punto con il Middlesbrough e il Brighton, che ora si giocheranno l’altra ammissione al campionato superiore in uno scontro diretto da thrilling al Riverside Stadium. E’ stato di Sam Vokes il gol promozione.

Ma col Leicester, il Burnely ha alcuni punti in comune. Per esempio, praticamente un anno fa, era il 25 aprile 2015, le due squadre si ritrovarono di fronte a Turf Moor in un match di Premier League che si presentava come un autentico scontro salvezza. Dopo un rigore sbagliato da Matt Taylor per gli uomini di Sean Dyche, arrivò il gol di Vardy dopo un’ora di gioco, che diede la vittoria alle Foxes, successo che li portò ancora più lontano dalla zona retrocessione (in un finale di stagione ricco di successi importanti per l’allora squadra di Pearson) e praticamente condannando alla retrocessione i Clarets. Un anno dopo la storia la conosciamo tutti: il Leicester è Campione d’Inghilterra, il Burnley torna in Premier League dopo una sola annata di Championship. Ma le somiglianze non sono finite qua.

Un anno fa il Leicester era dato, ormai lo sanno tutti, a 5000/1 nelle scommesse: con una sterlina se ne vincevano 5000 nel caso i blu avessero vinto il campionato. Sono quelle classiche scommesse che sono impossibili da realizzarsi. E invece così non è stato. E allora, in tantissimi si sono affrettati ad andare a giocare il Burnley vincitore della Premier League 2016/2017. Non si sa mai. Magari le agenzie di scommesse ci ricascano. Peccato che molte di queste abbiano abbassato la quota da 5000/1 a 1000 o 2000/1. Della serie, ”sbagliare è umano, perseverare è diabolico’‘. Pensate che lo scorso anno solo in 128 avevano ‘azzardato’ la vittoria del campionato del Leicester, portandosi a casa una fortuna con poche sterline, mentre quest’anno, da quando il Burnley è stato inserito nelle opzioni di campione d’Inghilterra, sono già state più di un migliaio le puntate. Addirittura, i Clarets hanno ricevuto più scommesse del Manchester City di Guardiola. Dyche, il ‘Ginger Mourinho‘, com’è soprannominato dai suoi tifosi, batte il filosofo Pep. L’effetto Ranieri, of course…

Ma i punti di contatto col Leicester non finiscono qua. Burnley è una città di soli 80mila abitanti del Lancashire, in Inghilterra. Si trova a 34 km a nord di Manchester e a 40 km di Preston, due città molto più grandi e con due squadre molto più importanti, seppur il Preston è caduto ormai in disgrazia. E ancora, vicino si trovano squadre importanti come Blackburn, Oldham, Bury, Bolton, Blackpool. Eppure, la città ha mantenuto sempre un grande attaccamento alla squadra locale ed è facile passeggiare per le vie del centro incontrando persone con la maglia dei Clarets, piuttosto che con quelle dell’Arsenal o del Manchester United. C’è grande attaccamento alla squadra cittadina. Proprio come succede a Leicester, come abbiamo avuto modo di constatare in questa stagione.

La città certamente non offre grandi spunti di divertimento, se non la squadra locale: a fare da sfondo fabbriche dismesse e miniere chiuse da tempo, pub sparsi e campetti periferici come unici luoghi di ritrovo. I tifosi del Burnley, peraltro, in passato si sono resi protagonisti in negativo di violenti scontri e di tremende risse, tanto da essere considerati come una delle tifoserie più pericolose di tutta l’Inghilterra. Turf Moor è stata infatti sede della famigerata “Suicide Squad”, tra le più violente firm d’Europa, capitanata da Andrew Porter, un tipo che fa una vita dentro e fuori dalle prigioni. Qualche tempo fa è stata e sciolta e i membri sono stati interdetti a vita dagli stadi, ma si dice sempre che operi ancora all’interno di alcuni gruppi dell’attuale tifoseria organizzata del Burnley.

La squadra (proprio come il Leicester), è composta da un nucleo importante di giocatori britannici (22 su 26, tra cui 18 inglesi, tre scozzesi e un gallese), guidati, come dicevamo, da Sean Dyche, che allena questo club dal 2012 e che aveva portato alla promozione in Premier questi ragazzi anche nel 2014, salvo poi retrocedere dopo un anno. Rimasto in sella, Dyche non si è perso d’animo nemmeno quando, per naturali esigenze, gli anno venduto alcuni big come Danny Ings (al Liverpool) e Kieran Trippier (al Tottenham). La scoperta più importante è stata quella di Andy Grey, di cui abbiamo già parlato recentemente (CLICCA QUI), prelevato dal Brentford e diventato dopo un solo anno il capocannoniere di tutto il torneo con 24 gol in 42 partite. Significativo anche l’arrivo l’estate scorsa di Joey Barton, personaggio controverso con un passato in grandi club, in Inghilterra e all’estero, ma soprattutto protagonista di tanti episodi negativi dentro e fuori dal campo. Degni di nota anche Vokes, che come dicevamo all’inizio ha segnato il gol promozione, arrivando a quota 14 in campionato, in 42 partite; Scott Arfield, primatista stagionale di presenze, con un ottimo contributo anche in zona offensiva, 45 presenze, 8 gol e 6 assist; David Jones, che a 31 anni, dopo una carriera sempre nelle retrovie, è stato decisivo con le sue 41 presenze, 1 gol e soprattutto i 7 assist; Tom Heaton, portiere e capitano del club, che anche grazie alle sue prestazioni è riuscito a riportare il Burnley al piano superiore dopo l’esperienza di due anni fa, che rimane la sua ultima e unica in Premier League. Insomma, l’Inghilterra ha consegnato una favola al mondo del calcio con il Leicester e chissà se anche per il Burnley i sogni non si possano trasformare in realtà…

Marco Orrù