They’ve conquered all of Europe. La stagione del Liverpool

They've conquered all of Europe. I Reds conquistano la loro sesta European Cup battendo il Tottenham; in campionato vanno vicini all'impresa

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1984: Liverpool celebrate during the 1984 European Cup Final between Roma v Liverpool played in Rome, Italy. Liverpool won 5-3 on penalties Mandatory Credit: Allsport UK/ALLSPORT

Ogni anno con il Liverpool si pone sempre la stessa questione. Quel maledetto tassametro che inesorabilmente continua a scorrere e che inevitabilmente raggiungerà il numero 30. Trenta come gli anni (almeno) che separeranno il titolo numero 18 da quello numero 19. «Next year is their year, classic Liverpool» si legge sui social dagli avversari e in effetti non si è tanto lontani dalla realtà.

Quest’anno però la musica in un certo senso ha trovato un cambiamento di ritmo. Non nel risultato finale, perché il titolo non è tornato ad Anfield neanche quest’anno, ma l’approccio vede un Liverpool più maturo, più da grande squadra. Quello che i Reds non hanno avuto nemmeno nella stagione del titolo sfiorato nel 2014. Quattro acquisti per competere al meglio su tutti i fronti: Fabinho (chiuso addirittura due giorni dopo la sconfitta di Kiev), KeitaShaqiri Alisson. In mezzo la maturazione definitiva di alcuni giocatori importanti: Gomez, Matip, Alexander-Arnold. La conferma dopo una stagione pazzesca di individualità fondamentali come Salah, Van Dijk e Robertson. Il recupero di forma di Sadio Mane, che l’anno scorso aveva affrontato una stagione altalenante in campionato.

Il mix di individualità dà luogo ad un gruppo fortissimo, molto legato a livello personale soprattutto. Il rapporto di amicizia tra Salah e Lovren, Robertson che nelle prime settimane fa l’autista di Keita per aiutarlo con l’inglese, la leadership sottovalutata di capitan Henderson, quest’anno cresciuto moltissimo sia in campo che fuori. Il collante di tutto, neanche a dirlo non può che essere un uomo carismatico quanto simpatico: Jurgen Klopp. L’allenatore tedesco si circonda delle giuste figure come Lijnders e Krawietz nello staff e responsabilizza i giocatori a dare di più. Il risultato arriva con 97 punti in campionato, un record in 126 anni di gloriosa storia in rosso. Purtroppo per loro i Reds arrivano ad un punto dalla gloria, non sfruttando 7 punti di vantaggio all’inizio del 2019, battuti dal Manchester City che alza l’asticella un punto più in su.

Nelle coppe nazionali il team non va così bene, eliminazione all’esordio in entrambe. Certo, avversari molto difficili in entrambi i casi come esordio, ma l’impressione è che Klopp non abbia mai pensato realmente di inseguire quei due successi quest’anno. Musica totalmente diversa in Champions League: dopo la disfatta di Kiev, con tutto quello che contribuì a quella sconfitta, non si poteva non puntare al jackpot. Il cammino è quello classico dei Reds: inizio sonnecchiante, anche al limite del forte rischio di non qualificarsi agli ottavi. Sconfitta a Napoli, sconfitta a Belgrado, sconfitta a Parigi. Serve una vittoria convincente contro il Napoli ad Anfield per passare i gironi. I Reds rispondono bene creando tante occasioni ma segnando un solo gol, e solo un magnifico Alisson impedisce a Milik di mandare i rossi all’inferno.

Poi, come al solito, dagli ottavi qualcosa scatta. Cade il Bayern all’Allianz, cade il Porto al Dragao. Nei primi due turni i Reds costruiscono la scalata alla gloria in trasferta. Poi a Barcellona inciampano malamente sotto i colpi di Messi e compagni. La missione al ritorno sembra impossibile, ma se sei in missione non c’è nulla che possa fermarti. Origi, Wijnaldum, Wijnaldum, Origi. Questa la sequenza dei gol che stendono letteralmente i blaugrana e fanno esplodere Anfield che vede la finale di Madrid contro un magnifico Tottenham. Da ieri sera poi la conferma: il Liverpool riporta la coppa dalle grandi orecchie a casa. A Paisley, Fagan e Benitez si aggiunge il genio di Jurgen Klopp.

They’ve conquered all of Europe. Coppa numero sei in cascina, tifo che esplode, al termine di una partita affascinante quanto brutta rispetto a quanto visto da entrambe le squadre in semifinale. Oggi la parata, poi vacanza, poi si riprende. Primo trofeo vinto dopo sei anni e mezzo, il secondo negli ultimi tredici anni. E che trofeo! La domanda è: si sono finalmente sbloccati i Reds nel vincere i trofei? Lo scopriremo presto, ma se siete tifosi del Liverpool non c’è momento migliore per avere fiducia.

IL MIGLIORE – Van Dijk 9. Miglior giocatore dell’anno in Premier, leader della miglior difesa del campionato, trascinatore in Champions anche con gol decisivi. Una sicurezza, a maggior ragione considerando l’assenza di reali infortuni. Da quando ha esordito con la maglia rossa nessun giocatore in nessuna competizione in cui ha giocato è riuscito a dribblarlo. Nessuno.

IL PEGGIORE – Lovren 5. Un anno funestato dagli infortuni per il centrale croato, dopo le due finali di metà 2018 sia con il Liverpool che con la propria nazionale. Gioca ad intermittenza e non è nemmeno aiutato nel poter trovare spazio dal fatto che Gomez e Matip disputano due ottime stagioni. Quando entra in campo poi è tutto tranne che una sicurezza, vedi la sua prestazione contro il City all’Etihad. Un grande uomo spogliatoio, ma Klopp quest’estate più di un pensiero alla sua cessione lo farà.

LA SORPRESA – Fabinho e Matip 7,5. Per motivi diversi, sono loro le due sorprese dell’anno. Fabinho arriva con tante attese ma all’inizio delude, complice un ritardo di condizione accompagnato da un’incapacità di sapersi adattare ai ritmi del calcio inglese. Emblematica la sua partita con l’Arsenal in trasferta. Matip invece non aveva mai fatto il reale salto di qualità, pur essendo un difensore competente. Entrambi salgono incredibilmente di livello dalla prima metà di dicembre, in due partite simbolo. Il brasiliano in Liverpool-Manchester United, il camerunese in Liverpool-Napoli. Da lì non si guardano più indietro, fino alla indiscutibile titolarità confermata anche nella vittoria di Madrid.

IL MANAGER – Jurgen Klopp 9,5. Responsabilizza i giocatori, ne migliora la consapevolezza in campo. Come opportunamente ribadito da Gary Neville per Sky Sports, il Liverpool di quest’anno non è una squadra di cui avere paura quasi esclusivamente nella prima ora di gioco. Questi ti fanno male in qualunque momento della partita. Le energie vengono gestite meglio e gli equilibri tra difesa e centrocampo sono notevolmente migliori. Non c’è nemmeno un acquisto sbagliato, dato che tutti i nuovi danno il loro contributo al meglio delle loro possibilità. Mezzo punto in meno per il mancato titolo, ci riproverà il prossimo anno.

 

 

Daniele Calamia